Chi si ricorda l'ultima volta che è stato sgridato? Oh, io la ricordo benissimo...
Ricordo che ne sono uscita umiliata e arrabbiata. In quel momento non ero affatto grata alla persona che mi ha rimproverato. Sicuramente pensava di avere tutto il diritto di sgridarmi come una scolaretta, ma quel pubblico rimprovero non mi ha arricchita, né mi ha insegnato qualcosa, non ha indotto in me un comportamento migliore.
Chi mi ha sgridata non si è preso il tempo di verificare se la sua predica fosse servita, né ho avuto l'impressione che lo facesse per il mio bene, ma solo per attestare la sua superiorità. Io sono grande tu sei piccola, io parlo tu ascolti.
Nemmeno ha preso in considerazione il mio punto di vista, semplicemente ne sono uscita avvilita e umiliata, con la netta sensazione che qualsiasi cosa avessi detto o fatto, non gli sarebbe comunque andata bene.
Non ero una bambina, è stato pochi mesi fa.
E' quindi ragionevole pensare che i nostri figli si sentano allo stesso modo di fronte ad una predica dove non è ammesso il contraddittorio.
Il motivo principale per cui le prediche non sono efficaci è che non viene creato l'ambiente giusto per una comunicazione che sia un vero scambio di informazioni, sentimenti e fiducia.
Imparano quando noi li ascoltiamo, comprendiamo il loro punto di vista e li coinvolgiamo in conversazioni che costruiscono reciproca fiducia
Trasformare un breve rimprovero in una predica è un'occasione mancata per insegnare davvero qualcosa ai nostri figli. Quando siamo coinvolti in un momento di buona comunicazione, non pretendiamo che l'altro ci ascolti contro la sua volontà. L'altro vuole ascoltarci, quando sente che siamo impegnati a costruire connessioni fra noi e lui.
Se un bambino si copre le orecchie mentre gli impartiamo l'ennesima lezioncina o perché la stiamo facendo troppo lunga, il compito educativo è miseramente fallito e la comunicazione è stata inefficace. Né noi né lui abbiamo imparato nulla.
Attenzione, perché è compito nostro gestire questo tipo di comunicazione. Il bambino non chiede di essere rimproverato: non possiamo dare la colpa agli spettatori che escono dalla sala, se il concerto è inascoltabile!
Quando tuo figlio sa che lo ascolterai e non ti limiterai a fare una predica dal tuo piedistallo, sarà pronto ad accettare la guida e i suggerimenti che vuoi dargli.
La comunicazione è un misto di tecnica ed arte, siamo pronti ad investire tempo e denaro per migliorare il modo in cui ci rapportiamo ad amici e colleghi, ma quando parliamo coi nostri figli non accettiamo il contraddittorio, saliamo in cattedra e non vogliamo essere interrotti fino alla fine della lezione. Che a volte è davvero troppo lunga.
Lo psichiatra infantile Gerald Nelson ha messo a punto un metodo per sgridare i bambini con efficacia che bandisce completamente le prediche. Come sostiene lui e come può verificare ogni genitore, l'attenzione di un bambino si mantiene per tempi brevissimi, il rimprovero diventa efficace, senza minare la sua autostima, finché si sviluppa in tempi brevi, la sgridata di un minuto.
Se si prolunga, il bambino semplicemente smette di ascoltare.
Il fattore tempo è importante anche riguardo al quando sgridare: posticipare il rimprovero, ad esempio a quando arriva il babbo, ne compromette completamente l'efficacia. Non solo il bambino faticherà a ricordare il motivo del rimprovero, ma non riuscirà a spiegarsi perché, in un momento allegro e pacifico, si sia voluto rimproverarlo.
Allo stesso modo non aggiungiamo alla sgridata quelle per le birichinate del passato. Si sentirà sopraffatto dalla valanga di malefatte e crederà di non andare mai bene, di deluderci continuamente. Questo davvero minerà la sua autostima.
Raggiungiamo l'intimità, rimproveriamo nostro figlio solo quando siamo soli. Biasimarlo davanti ad altri non serve a nulla, è avvilente, umiliante, indebolisce il carattere e il senso di competenza.
Se siamo da soli sarà più propenso ad accettare le nostre osservazioni, davanti agli altri le rifiuterebbe per non sentirsi fallace.
Cerchiamo di non urlare, ma cerchiamo di mantenere un tono deciso. Urlare non serve a farsi capire meglio, mette invece il bambino in uno stato di confusione perché vede che stiamo perdendo il controllo.
Tuttavia ha infranto le regole, perciò ancora una volta ripetiamole. Le regole non sono comportamenti innati e vanno ribadite continuamente. Molto spesso sento genitori dire "ma lo sa! gliel'ho detto mille volte!"
Si vede che serve la milleunesima.
Elenchiamo tutti gli svantaggi del suo comportamento per fargli capire le conseguenze: insegnare l'autodisciplina porta maggiori vantaggi che assegnare punizioni.
Sopratutto, non usiamo parole che lo etichettano e rendono impossibile il cambiamento, come "sei sempre...", "non sei mai...", "tutte le volte...", "sei il solito.."
Sono affermazioni che portano chi le ascolta sempre a credere di non poter cambiare la propria indole.
Diamo invece fiducia sottolineando le volte in cui si è comportato bene nella stessa situazione.
Siamo certi che capace di essere meglio di così, è necessario che lo sappia!
Dobbiamo fargli capire che abbiamo fiducia in lui e siamo sicuri che la prossima volta si comporterà meglio.
Il rimprovero è un feedback del comportamento del bambino o del ragazzo. Fatto nella maniera adeguata non lede la sua autostima e non è controproducente. Tuttavia un utilizzo eccessivo o l'abitudine a prediche troppo lunghe ha un effetto svalutante e deve quindi costituire un'eccezione o se ne perde l'efficacia.
Se ti è piaciuto questo post, leggi gli altri articoli su educazione e figli.
Per approfondire:
Master the 10 second lecture in 4 easy steps
Active listening
Get off soapbox
Le regole di una sana sgridata
Foto di copertina by Samantha Sophia on Unsplash
Ricordo che ne sono uscita umiliata e arrabbiata. In quel momento non ero affatto grata alla persona che mi ha rimproverato. Sicuramente pensava di avere tutto il diritto di sgridarmi come una scolaretta, ma quel pubblico rimprovero non mi ha arricchita, né mi ha insegnato qualcosa, non ha indotto in me un comportamento migliore.
Chi mi ha sgridata non si è preso il tempo di verificare se la sua predica fosse servita, né ho avuto l'impressione che lo facesse per il mio bene, ma solo per attestare la sua superiorità. Io sono grande tu sei piccola, io parlo tu ascolti.
Nemmeno ha preso in considerazione il mio punto di vista, semplicemente ne sono uscita avvilita e umiliata, con la netta sensazione che qualsiasi cosa avessi detto o fatto, non gli sarebbe comunque andata bene.
Non ero una bambina, è stato pochi mesi fa.
E' quindi ragionevole pensare che i nostri figli si sentano allo stesso modo di fronte ad una predica dove non è ammesso il contraddittorio.
Il motivo principale per cui le prediche non sono efficaci è che non viene creato l'ambiente giusto per una comunicazione che sia un vero scambio di informazioni, sentimenti e fiducia.
Scendere dal piedistallo
I bambini non imparano nulla dalle prediche.Imparano quando noi li ascoltiamo, comprendiamo il loro punto di vista e li coinvolgiamo in conversazioni che costruiscono reciproca fiducia
Trasformare un breve rimprovero in una predica è un'occasione mancata per insegnare davvero qualcosa ai nostri figli. Quando siamo coinvolti in un momento di buona comunicazione, non pretendiamo che l'altro ci ascolti contro la sua volontà. L'altro vuole ascoltarci, quando sente che siamo impegnati a costruire connessioni fra noi e lui.
Se un bambino si copre le orecchie mentre gli impartiamo l'ennesima lezioncina o perché la stiamo facendo troppo lunga, il compito educativo è miseramente fallito e la comunicazione è stata inefficace. Né noi né lui abbiamo imparato nulla.
Attenzione, perché è compito nostro gestire questo tipo di comunicazione. Il bambino non chiede di essere rimproverato: non possiamo dare la colpa agli spettatori che escono dalla sala, se il concerto è inascoltabile!
Quando tuo figlio sa che lo ascolterai e non ti limiterai a fare una predica dal tuo piedistallo, sarà pronto ad accettare la guida e i suggerimenti che vuoi dargli.
La comunicazione è un misto di tecnica ed arte, siamo pronti ad investire tempo e denaro per migliorare il modo in cui ci rapportiamo ad amici e colleghi, ma quando parliamo coi nostri figli non accettiamo il contraddittorio, saliamo in cattedra e non vogliamo essere interrotti fino alla fine della lezione. Che a volte è davvero troppo lunga.
Elogio della sintesi
Costruire un ponte comunicativo con un bambino significa lavorare sul tempo, oltre che sulla fiducia.Lo psichiatra infantile Gerald Nelson ha messo a punto un metodo per sgridare i bambini con efficacia che bandisce completamente le prediche. Come sostiene lui e come può verificare ogni genitore, l'attenzione di un bambino si mantiene per tempi brevissimi, il rimprovero diventa efficace, senza minare la sua autostima, finché si sviluppa in tempi brevi, la sgridata di un minuto.
Se si prolunga, il bambino semplicemente smette di ascoltare.
Il fattore tempo è importante anche riguardo al quando sgridare: posticipare il rimprovero, ad esempio a quando arriva il babbo, ne compromette completamente l'efficacia. Non solo il bambino faticherà a ricordare il motivo del rimprovero, ma non riuscirà a spiegarsi perché, in un momento allegro e pacifico, si sia voluto rimproverarlo.
Allo stesso modo non aggiungiamo alla sgridata quelle per le birichinate del passato. Si sentirà sopraffatto dalla valanga di malefatte e crederà di non andare mai bene, di deluderci continuamente. Questo davvero minerà la sua autostima.
Mettiti nei suoi panni!
Proviamo a descrivergli ciò che proviamo, la nostra preoccupazione, ma anche il nostro amore per lui, e spieghiamo che riusciamo a comprendere il motivo del suo comportamento. Lasciamogli spiegare come si sente e rassicuriamolo del nostro amore incondizionato, facendolo sentire al sicuro e amato.Raggiungiamo l'intimità, rimproveriamo nostro figlio solo quando siamo soli. Biasimarlo davanti ad altri non serve a nulla, è avvilente, umiliante, indebolisce il carattere e il senso di competenza.
Se siamo da soli sarà più propenso ad accettare le nostre osservazioni, davanti agli altri le rifiuterebbe per non sentirsi fallace.
Cerchiamo di non urlare, ma cerchiamo di mantenere un tono deciso. Urlare non serve a farsi capire meglio, mette invece il bambino in uno stato di confusione perché vede che stiamo perdendo il controllo.
Tuttavia ha infranto le regole, perciò ancora una volta ripetiamole. Le regole non sono comportamenti innati e vanno ribadite continuamente. Molto spesso sento genitori dire "ma lo sa! gliel'ho detto mille volte!"
Si vede che serve la milleunesima.
Elenchiamo tutti gli svantaggi del suo comportamento per fargli capire le conseguenze: insegnare l'autodisciplina porta maggiori vantaggi che assegnare punizioni.
Sopratutto, non usiamo parole che lo etichettano e rendono impossibile il cambiamento, come "sei sempre...", "non sei mai...", "tutte le volte...", "sei il solito.."
Sono affermazioni che portano chi le ascolta sempre a credere di non poter cambiare la propria indole.
Diamo invece fiducia sottolineando le volte in cui si è comportato bene nella stessa situazione.
Siamo certi che capace di essere meglio di così, è necessario che lo sappia!
Dobbiamo fargli capire che abbiamo fiducia in lui e siamo sicuri che la prossima volta si comporterà meglio.
Il rimprovero è un feedback del comportamento del bambino o del ragazzo. Fatto nella maniera adeguata non lede la sua autostima e non è controproducente. Tuttavia un utilizzo eccessivo o l'abitudine a prediche troppo lunghe ha un effetto svalutante e deve quindi costituire un'eccezione o se ne perde l'efficacia.
Se ti è piaciuto questo post, leggi gli altri articoli su educazione e figli.
Per approfondire:
Master the 10 second lecture in 4 easy steps
Active listening
Get off soapbox
Le regole di una sana sgridata
Foto di copertina by Samantha Sophia on Unsplash
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