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Come Ronaldo

Non so come aiutarti figlio. Vorrei farlo con tutto il cuore e con tutta me stessa, ma non so come aiutarti.

Posso raccontarti di trent’anni fa, quando decisi di mollare. Quando capii che era tutto inutile e non sarei mai diventata il genio indiscusso a cui aspiravo, la scienziata dei robot, la dottoressa che manda i cyborg nello spazio.
Posso raccontarti di come quella volta diedi retta a tutti tranne che a me stessa, e perseverai. Posso dirti che forse non mollare non fu proprio la scelta giusta.
E che forse non fu nemmeno una scelta, ma la decisione dettata dal mio senso di colpa.

Posso dirti che in quei giorni, per molti giorni, la mia mente e il mio corpo si dissociarono, strappati fra l’inerzia di continuare così e il desiderio di mollare, riposare per poi mettermi nuovamente in ricerca di qualcosa – che cosa? – che mi appassionasse come quell’idea infantile.

Posso raccontarti di come la logica mi venne in aiuto, confermando la bontà della mia non-scelta, dandomi un alibi per la codardia di seguire, ancora una volta, un sentiero tracciato inconsapevolmente da altri.


Non so come aiutarti figlio, se non dicendo che sono infelice. Che questa non è la vita che voglio e che forse a saperlo avrei cambiato tutto già vent’anni fa.

Posso dirti che anche a me un giorno è finita la forza. Non ne avevo più per sopportare le prese in giro, le domande cattive, gli sguardi di disapprovazione.

Posso raccontarti di quanto fossero crudeli tutti quanti, così più forti di me, loro insieme, e io tutta sola. Anche io come te non avevo nessuno con cui parlare, che capisse il mio buio, il desiderio di sparire e allo stesso tempo di appartenere.
Posso elencarti i miei continui tentativi di partecipare, pensando che magari questa volta sarebbe stato solo divertente.
E poi come dovevo fare i conti con la delusione del dopo, quando avevo mandato giù tante cattiverie che il mio cuore esplodeva di rabbia repressa.
Posso descriverti quella convinzione, offuscata solo dal passare del tempo, che siamo diversi, io e il resto del mondo: diversa sensibilità, diversa partecipazione, diversa umanità. Io, e il resto del mondo.

Non so come aiutarti figlio. Vorrei parlarti della solitudine di quegli anni in cui credevo di essere chi non ero.

Vorrei parlarti del dolore di vivere la vita di qualcun altro, di indossare ogni giorno la stessa maschera e guardarsi senza riconoscersi. Vorrei spiegarti che la vita è cambiamento continuo e che se adesso vuoi fuggire, domani dovrai affrontare il rimpianto della sfida che non hai accettato. Vorrei spiegarti che mai, mai mi sono pentita delle cose che ho fatto, ma sempre ho rimpianto quello che non ho fatto a causa della paura.

Forse so come aiutarti figlio, se ti parlo della paura. Vivo ogni giorno con la paura. Paura di non essere abbastanza, paura di perderti, paura di lasciarti solo. Paura che tu non riesca a fare quello che desideri, paura che ti faccia male, che tu soffra, che in qualche modo entrino nella tua vita le persone sbagliate.

Ma come posso aiutarti se ti impedisco di vivere la tua vita? Come può un albero avere una corteccia spessa e resistente se non viene esposto agli elementi? Come puoi avere muscoli forti e scolpiti se non provi il dolore dell'allenamento?

Anche il coraggio si allena, lo sai amore mio? E allora non voglio essere una mamma spazzaneve che allontana da te ogni ostacolo. Voglio piuttosto restarmene da parte e guardare mentre corri sul campo ignorando che io sono là, da qualche parte nascosta a vedere se fai un gol, ma senza disperarmi o criticarti se non ne fai.

Un giorno anche tu sarai come Ronaldo. Forse non farai sessanta gol, ma sarai un bel ragazzo, forte e coraggioso. 
Spiccherai un salto che magari non sarà in mezzo al campo di calcio con centinaia di persone che urlano, ma che potrebbe essere verso la luna o marte,

o in uno dei mondi virtuali che piacciono a te.
O forse salterai di gioia il giorno che nascerà tuo figlio, che lo vedrai centrare il suo primo tiro in porta. 

A volte, amore mio, il nostro destino non vuole che realizziamo i nostri sogni. A volte quei sogni li realizzano i nostri figli.

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