La parola del giorno è arrancare.
Mi alzo dal letto arrancando verso la camera del giovane padawan. Svegliarlo dal suono della sua sveglia al terzo snooze, quando il mio unico pensiero è tornare sotto le coperte, richiede uno sforzo sovrumano. Ce la faccio solo perché ci credo. Sono convinta che debba andare a scuola. Se solo per un istante credessi che non gli serve a qualcosa, sono certa che desisterei.
Arranco fino alla soffitta dove mi carico del carico della lavatrice, dopo averla ricaricata del carico della sera. Io e lei compagne di carichi infiniti, un loop inarrestabile tra la cesta e il cesto.
La lavatrice è la mia migliore amica, non per affinità, ma per destino. E forse perché è la prima cosa che vedo la mattina e l'ultima la sera, che poi è mattina anche quella, il periodo indefinito e segreto fra la mezzanotte e l'alba degli infrasettimanali, dove con i pazzi e gli ubriachi trovi sveglie solo le madri lavoratrici e le lavatrici.
Arranco fino alla macchina del caffè, che se la sera prima mi sono ricordata di programmare - non lo do mai per scontato - mi inebria di finta energia portatile nel thermos di starbacs. Odio il loro caffè, ma amo le tazzone termiche verdi e nere che mi tengono in caldo la scorta di energia fino alla pausa pranzo.
Siedo già stanca guardando le fette biscottate integrali che si integrano nel caffè dolcificato fino a scomparire, devo sbrigarmi a mangiarle prima che la loro orrenda spugnosità si riveli. Anelo alla brioche integrale vuota, ma ormai la colazione al bar più che medicalmente inaffrontabile è economicamente insostenibile.
Arranco fino all'auto, siedo qualche secondo con la radio accesa mentre il computer di bordo cerca inesorabile il mio smartphone. E' il momento solitario dove posso sentire i miei pensieri sovrapporsi a radiodigei. L'auto è la mia seconda amica. ci posso stare in segreto fingendo di non essere ancora arrivata o di essere già partita, a ridere da sola sulle battute di floeale, a sgranocchiare un pacchetto di patatine di cui altrimenti dovrei cederne più della metà, a scrollare le inutilerie del web col cervello vuoto, prima di ri-riempirlo con le occupazioni degli altri, sempre prioritarie, sempre urgenti, sempre ineluttabili. Un refill di cose altrui mattina e sera, inarrestabile.
Arranco verso l'ufficio anche se proprio oggi vorrei restare con i miei gatti. Loro capiscono. Quando arranco mi fermano. Quando arranco si siedono intorno a me, silenziosi, presenti. Sento che per loro esisto. Mi vedono, appartengo al loro spazio. Non sono solo una funzionalità.
Questo articolo è comparso per la prima volta come post sul mio profilo facebook personale il 6 marzo 2024
Mi alzo dal letto arrancando verso la camera del giovane padawan. Svegliarlo dal suono della sua sveglia al terzo snooze, quando il mio unico pensiero è tornare sotto le coperte, richiede uno sforzo sovrumano. Ce la faccio solo perché ci credo. Sono convinta che debba andare a scuola. Se solo per un istante credessi che non gli serve a qualcosa, sono certa che desisterei.
Arranco fino alla soffitta dove mi carico del carico della lavatrice, dopo averla ricaricata del carico della sera. Io e lei compagne di carichi infiniti, un loop inarrestabile tra la cesta e il cesto.
La lavatrice è la mia migliore amica, non per affinità, ma per destino. E forse perché è la prima cosa che vedo la mattina e l'ultima la sera, che poi è mattina anche quella, il periodo indefinito e segreto fra la mezzanotte e l'alba degli infrasettimanali, dove con i pazzi e gli ubriachi trovi sveglie solo le madri lavoratrici e le lavatrici.
Arranco fino alla macchina del caffè, che se la sera prima mi sono ricordata di programmare - non lo do mai per scontato - mi inebria di finta energia portatile nel thermos di starbacs. Odio il loro caffè, ma amo le tazzone termiche verdi e nere che mi tengono in caldo la scorta di energia fino alla pausa pranzo.
Siedo già stanca guardando le fette biscottate integrali che si integrano nel caffè dolcificato fino a scomparire, devo sbrigarmi a mangiarle prima che la loro orrenda spugnosità si riveli. Anelo alla brioche integrale vuota, ma ormai la colazione al bar più che medicalmente inaffrontabile è economicamente insostenibile.
Arranco fino all'auto, siedo qualche secondo con la radio accesa mentre il computer di bordo cerca inesorabile il mio smartphone. E' il momento solitario dove posso sentire i miei pensieri sovrapporsi a radiodigei. L'auto è la mia seconda amica. ci posso stare in segreto fingendo di non essere ancora arrivata o di essere già partita, a ridere da sola sulle battute di floeale, a sgranocchiare un pacchetto di patatine di cui altrimenti dovrei cederne più della metà, a scrollare le inutilerie del web col cervello vuoto, prima di ri-riempirlo con le occupazioni degli altri, sempre prioritarie, sempre urgenti, sempre ineluttabili. Un refill di cose altrui mattina e sera, inarrestabile.
Arranco verso l'ufficio anche se proprio oggi vorrei restare con i miei gatti. Loro capiscono. Quando arranco mi fermano. Quando arranco si siedono intorno a me, silenziosi, presenti. Sento che per loro esisto. Mi vedono, appartengo al loro spazio. Non sono solo una funzionalità.
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