Qualche giorno fa ho scritto dei compiti che i miei bambini si sono assegnati in autonomia e del simpatico metodo per autogestirsi.
Ogni giorno spiego loro che essere una famiglia significa collaborare insieme ad un progetto, percorrere la stessa strada insieme nella stessa direzione, prendendoci cura di chi ha bisogno di una mano per essere riportato sulla strada quando inciampa nel fogliame ai lati.
Non sono concetti difficili da capire per dei ragazzi, ma a volte ci dimentichiamo che le stesse indicazioni devono valere per gli adulti: innanzitutto per gli adulti.
Il mio difetto principale è di essere una mamma urlatrice, assomiglio a quelle mamme dei vecchi film neorealisti che si affacciano ed urlano dalla finestra "è pronto!!", "mettiti la maglietta", "mi ascolti o no?", "io ti ho fatto io ti disfo!" e via così a piacere. Ma poi quando i figlioli mi si avvicinano, mi squaglio in coccole vanificando ogni autorità che potevo avere fino ad un minuto prima. Ma che farci? So' piezz'e core!
Il problema è che l'urlare affettuoso o preoccupato, diventa un berciare insopportabile quando rientro a casa e nessuno sta a sentire. Come sono stanca io (tanto stanca) lo sono tutti ed è difficile starmi a sentire quando chiedo di lavarsi le mani, aiutarmi con la cena o cose del genere. E sinceramente mi sale il nervoso, e urlo ancora più forte.
Ripensando agli insegnanti che ho avuto, dalle elementari fino all'università, sicuramente quelli che ottenevano un maggiore ascolto erano proprio quelli che parlavano con voce bassa e calma, quindi credo proprio di dover lavorare sul mio tono - che va calmato - e sul volume - che va abbassato.
Dopo una mattinata NO arrivo in ufficio con l'eco delle mie urla nelle orecchie. Dopo una serata NO mi corico rabbiosa, vorrei scusarmi con i bambini per il troppo urlare, per non essere riuscita a condurli nel sonno in serenità, ma non riesco a ritrovare la tranquillità necessaria a farlo senza recriminare. Con le urla insomma ottengo quasi nulla e peggioro il mio umore: non va bene.
Qualche mese fa ho acquistato un libro molto interessante sull'argomento e che consiglio: Urlare Non Serve a Nulla di Daniele Novara, Bur Rizzoli
E' sicuramente uno dei migliori libri che abbia trovato sull'argomento e potete leggere la mia recensione nel link sopra. Il problema è che la sola lettura del libro anche se molto utile, non è sufficiente.
Quando una maniera di affrontare i problemi si è consolidata, è molto difficile modificarla: occorrono giorni e giorni per sostituire un'abitudine ad un'altra, e sicuramente occorre avere la consapevolezza che quella che si ha è almeno in parte sbagliata. Alcuni sostengono che per attuare una nuova abitudine occorrono almeno 22 giorni. Ventidue!!
Dovevo assolutamente trovare delle strategie e lo feci nel modo più semplice: cercando qualcuno che aveva dovuto affrontare lo stesso problema.
Leggendo il libro, cercando altre storie simili e osservando le reazioni dei miei bambini, mi sono resa conto che vi sono momenti in cui terrorizzo i miei figli.
Non fraintendetemi: non sono una cattiva madre. Urlare, sgridare continuamente, lamentarsi non basta a determinare una cattiva madre. Tuttavia se un bambino ti chiede di "non arrabbiarti, per favore" quando semplicemente gli stai dicendo di mettere a posto le scarpe, forse in passato hai esagerato con la tua reazione di fronte ad una piccola mancanza.
Urlo di mamma è un libricino per bambini dove il piccolo pinguino protagonista della storia finisce in pezzi a causa del tanto urlare della sua mamma. La mamma è poi costretta a viaggiare in lungo e in largo per ricomporre il suo piccolo pezzo dopo pezzo.
Non è molto diverso da quello che succede in realtà: mio figlio mi ha detto una volta che quando mi arrabbio troppo gli spezzo il cuore "in pezzi piccoli piccoli". E rimetterlo a posto a volte richiede davvero il tempo di un giro del mondo.
In effetti io davanti a loro appaio quasi sempre arrabbiata, e questo può essere motivato anche dal fatto che ho la percezione di essere sola, anche se non è affatto vero. Quando sono molto stanca e scoraggiata credo di essere la sola ad occuparmi della famiglia, o comunque la sola a cui importa.
Io però non voglio arrabbiarmi, perché in generale sono una persona gentile. Chiunque mi conosca direbbe che lo sono e non è giusto che all'interno della nostra famiglia non si percepisca la gentilezza e la cortesia che invece si vede da fuori.
Inoltre i comportamenti bruschi e scortesi nei confronti dei figli non si fermano lì, ma si propagano nel rapporto fra fratelli e da lì al rapporto coi loro amici. Come diceva il mio professore di Misure Elettriche: se l'unico strumento che hai a disposizione è un martello, tratterai tutto come un chiodo. Non voglio dare ai miei figli come strumenti solo rabbia e frustrazione, no no no.
Passato qualche giorno da queste considerazioni, in rete trovai un'altra mamma con lo stesso problema. Una mamma che raccontava di essersi resa conto che stava annichilendo i suoi figli con le sgridate, che riversava sui bambini la sua frustrazione e tutte le sue emozioni. Una mamma che nel suo blog scriveva esattamente le stesse cose che provavo io.
Quella mamma aveva trovato un modo originalissimo per ritrovare la calma, una specie di promemoria della gentilezza: cuori rosa. Ne ha disseminati ovunque: in casa e in ufficio, nel portafoglio, nell'agenda, sul comodino. Ogni cuore vuole significare "ricordati che sei una persona gentile", perciò stai calma, prendi tempo, allontanati e riprendi fiato.
Era un'idea fantastica e poteva funzionare, così nella pausa pranzo di quel mercoledì, ritagliai tutti i miei post-it a cuore per mettere in pratica fin da subito il suggerimento per scoprire poi che non ero stata la sola.
Non riesco a fotografarlo, ma il primo cuore lo posizionai proprio sulla cover del cellulare. Poi nel portafoglio, nell'agenda, sul PC, in auto. Tornai a casa e ne misi sul family command center, in cucina, sulla tv, e ancora altri sparsi negli angoli della casa. Quando sento che sto per arrabbiarmi ed urlare i cuori mi dicono "li ami, perché non puoi essere più gentile?" e vale con i bambini, ma anche con il mio compagno.
Quando ho spiegato loro a cosa servono, hanno subito capito che potevano essere usati anche come un "cartellino giallo" per ammonirmi in caso urlassi senza accorgermene. E nello stesso modo posso usarli io se loro si prendono a parolacce o se gridano con me - eventualità davvero rara, ma stanno crescendo.
Come dice sempre il mio compagno, le stesse cose possono dirsi in modi diversi, se ami qualcuno devi sempre essere gentile o un giorno finirà per credere che non lo ami più.
Riferimenti:
Creative with Kids
Dirt and Boogers
Bon Bon Break
Altri post su questo argomento:
Parte 2: mantieni la calma
Ogni giorno spiego loro che essere una famiglia significa collaborare insieme ad un progetto, percorrere la stessa strada insieme nella stessa direzione, prendendoci cura di chi ha bisogno di una mano per essere riportato sulla strada quando inciampa nel fogliame ai lati.
Non sono concetti difficili da capire per dei ragazzi, ma a volte ci dimentichiamo che le stesse indicazioni devono valere per gli adulti: innanzitutto per gli adulti.
Il mio difetto principale è di essere una mamma urlatrice, assomiglio a quelle mamme dei vecchi film neorealisti che si affacciano ed urlano dalla finestra "è pronto!!", "mettiti la maglietta", "mi ascolti o no?", "io ti ho fatto io ti disfo!" e via così a piacere. Ma poi quando i figlioli mi si avvicinano, mi squaglio in coccole vanificando ogni autorità che potevo avere fino ad un minuto prima. Ma che farci? So' piezz'e core!
Il problema è che l'urlare affettuoso o preoccupato, diventa un berciare insopportabile quando rientro a casa e nessuno sta a sentire. Come sono stanca io (tanto stanca) lo sono tutti ed è difficile starmi a sentire quando chiedo di lavarsi le mani, aiutarmi con la cena o cose del genere. E sinceramente mi sale il nervoso, e urlo ancora più forte.
Ripensando agli insegnanti che ho avuto, dalle elementari fino all'università, sicuramente quelli che ottenevano un maggiore ascolto erano proprio quelli che parlavano con voce bassa e calma, quindi credo proprio di dover lavorare sul mio tono - che va calmato - e sul volume - che va abbassato.
Dopo una mattinata NO arrivo in ufficio con l'eco delle mie urla nelle orecchie. Dopo una serata NO mi corico rabbiosa, vorrei scusarmi con i bambini per il troppo urlare, per non essere riuscita a condurli nel sonno in serenità, ma non riesco a ritrovare la tranquillità necessaria a farlo senza recriminare. Con le urla insomma ottengo quasi nulla e peggioro il mio umore: non va bene.
Qualche mese fa ho acquistato un libro molto interessante sull'argomento e che consiglio: Urlare Non Serve a Nulla di Daniele Novara, Bur Rizzoli
E' sicuramente uno dei migliori libri che abbia trovato sull'argomento e potete leggere la mia recensione nel link sopra. Il problema è che la sola lettura del libro anche se molto utile, non è sufficiente.
Quando una maniera di affrontare i problemi si è consolidata, è molto difficile modificarla: occorrono giorni e giorni per sostituire un'abitudine ad un'altra, e sicuramente occorre avere la consapevolezza che quella che si ha è almeno in parte sbagliata. Alcuni sostengono che per attuare una nuova abitudine occorrono almeno 22 giorni. Ventidue!!
Dovevo assolutamente trovare delle strategie e lo feci nel modo più semplice: cercando qualcuno che aveva dovuto affrontare lo stesso problema.
Leggendo il libro, cercando altre storie simili e osservando le reazioni dei miei bambini, mi sono resa conto che vi sono momenti in cui terrorizzo i miei figli.
Non fraintendetemi: non sono una cattiva madre. Urlare, sgridare continuamente, lamentarsi non basta a determinare una cattiva madre. Tuttavia se un bambino ti chiede di "non arrabbiarti, per favore" quando semplicemente gli stai dicendo di mettere a posto le scarpe, forse in passato hai esagerato con la tua reazione di fronte ad una piccola mancanza.
Urlo di mamma è un libricino per bambini dove il piccolo pinguino protagonista della storia finisce in pezzi a causa del tanto urlare della sua mamma. La mamma è poi costretta a viaggiare in lungo e in largo per ricomporre il suo piccolo pezzo dopo pezzo.
Non è molto diverso da quello che succede in realtà: mio figlio mi ha detto una volta che quando mi arrabbio troppo gli spezzo il cuore "in pezzi piccoli piccoli". E rimetterlo a posto a volte richiede davvero il tempo di un giro del mondo.
In effetti io davanti a loro appaio quasi sempre arrabbiata, e questo può essere motivato anche dal fatto che ho la percezione di essere sola, anche se non è affatto vero. Quando sono molto stanca e scoraggiata credo di essere la sola ad occuparmi della famiglia, o comunque la sola a cui importa.
Io però non voglio arrabbiarmi, perché in generale sono una persona gentile. Chiunque mi conosca direbbe che lo sono e non è giusto che all'interno della nostra famiglia non si percepisca la gentilezza e la cortesia che invece si vede da fuori.
Inoltre i comportamenti bruschi e scortesi nei confronti dei figli non si fermano lì, ma si propagano nel rapporto fra fratelli e da lì al rapporto coi loro amici. Come diceva il mio professore di Misure Elettriche: se l'unico strumento che hai a disposizione è un martello, tratterai tutto come un chiodo. Non voglio dare ai miei figli come strumenti solo rabbia e frustrazione, no no no.
Passato qualche giorno da queste considerazioni, in rete trovai un'altra mamma con lo stesso problema. Una mamma che raccontava di essersi resa conto che stava annichilendo i suoi figli con le sgridate, che riversava sui bambini la sua frustrazione e tutte le sue emozioni. Una mamma che nel suo blog scriveva esattamente le stesse cose che provavo io.
Quella mamma aveva trovato un modo originalissimo per ritrovare la calma, una specie di promemoria della gentilezza: cuori rosa. Ne ha disseminati ovunque: in casa e in ufficio, nel portafoglio, nell'agenda, sul comodino. Ogni cuore vuole significare "ricordati che sei una persona gentile", perciò stai calma, prendi tempo, allontanati e riprendi fiato.
Era un'idea fantastica e poteva funzionare, così nella pausa pranzo di quel mercoledì, ritagliai tutti i miei post-it a cuore per mettere in pratica fin da subito il suggerimento per scoprire poi che non ero stata la sola.
Non riesco a fotografarlo, ma il primo cuore lo posizionai proprio sulla cover del cellulare. Poi nel portafoglio, nell'agenda, sul PC, in auto. Tornai a casa e ne misi sul family command center, in cucina, sulla tv, e ancora altri sparsi negli angoli della casa. Quando sento che sto per arrabbiarmi ed urlare i cuori mi dicono "li ami, perché non puoi essere più gentile?" e vale con i bambini, ma anche con il mio compagno.
Quando ho spiegato loro a cosa servono, hanno subito capito che potevano essere usati anche come un "cartellino giallo" per ammonirmi in caso urlassi senza accorgermene. E nello stesso modo posso usarli io se loro si prendono a parolacce o se gridano con me - eventualità davvero rara, ma stanno crescendo.
Come dice sempre il mio compagno, le stesse cose possono dirsi in modi diversi, se ami qualcuno devi sempre essere gentile o un giorno finirà per credere che non lo ami più.
Riferimenti:
Creative with Kids
Dirt and Boogers
Bon Bon Break
Altri post su questo argomento:
Parte 2: mantieni la calma
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