Nell'articolo precedente ho parlato della prima risposta alle crisi dei ragazzi, tuttavia noi madri organizzate e protettive ci poniamo un sacco di domande. Sperando di fare bene il nostro mestiere e nel tentativo di crescere figli educati e rispettosi, spesso eccediamo nelle sgridate e abbiamo paura di non riuscire a farli diventare anche forti e autonomi.
I tipici dubbi che vengono a me sono:
Creare legami
Una serie di regole (poche) è necessaria. Creando delle routine e migliorando l'organizzazione mi sono resa conto che anche i ragazzi sono più sereni. Tuttavia posso notare che eccedere nella disciplina compromette pericolosamente la relazione fra genitori e figli perché una pianificazione troppo serrata e regole molto rigide fanno perdere la dolcezza e la spontaneità del rapporto coi bambini.
Soprattutto quando si hanno bambini ancora piccoli, non si deve mai dimenticare di abbracciarli, ascoltarli, giocare con loro, scherzare e permettere loro di eccedere nelle emozioni.
Questo non significa "fare gli amici". Non c'è nulla di peggio di una famiglia in cui i figli fanno il loro spettacolino mentre i genitori approvano o incoraggiano ogni loro azione(1): i bambini hanno bisogno di paletti, di sapere che vengono protetti anche da loro stessi, ma a volte è meglio concentrarci sul legame che sulla punizione.
Nel mio bullet journal ho raccolto alcune cose che faccio per a formare un legame più forte con i miei bambini. Si tratta di una mappa mentale che ho disegnato focalizzandomi sul legame madre-figlio e riferita a bambini dell'età dei miei figli, dai 6 ai 12 anni circa:
Quando i bambini diventano ragazzi, l'impresa non diventa più facile. Nella pre-adolescenza i ragazzini desiderano ancora l'affetto e la protezione dei genitori, arrivando ad eccessi di gelosia anche molto fisici nei confronti dei fratelli minori, tuttavia sentono il bisogno di una certa autonomia e sono gratificati immensamente da una mamma e un papà che permettono loro di "andare nel mondo" da soli.
Mentre loro crescono, i genitori hanno l'arduo compito di bilanciare questo desiderio di autonomia nell'esplorazione delle strade della vita, e riuscire a fornirgli abbastanza indicazioni affinché seguano il giusto sentiero.
Non sembra facile nemmeno a dirlo, ma è più semplice se si riesce a mantenere un saldo legame con loro come quando erano più piccoli e quindi, nei conflitti che certamente avverranno, mantenere l'attenzione sul rapporto, sul legame coi ragazzi e avere la loro fiducia.
Sto sperimentando questi suggerimenti con mia figlia e per il momento mi sembrano avere un buon risultato sulla nostra relazione.
Non reagire subito. Urla, lezioni interminabili o punizioni peggiorano il rapporto con un adolescente. La cosa migliore è prendermi qualche secondo di tempo prima di rispondere .
Se usa un linguaggio forte, mantenere la calma. Devo ricordare che io sono la persona adulta e gli adulti non rispondono come i ragazzi, non reagisco con parolacce alle parolacce, non uso la violenza né verbale né fisica. A volte le rispondo con frasi del tipo: "Non c'è bisogno di usare queste parole, ma se non riesci a fare diversamente, è meglio che ti calmi prima di parlarne ancora", oppure: "Sei troppo arrabbiata per fare un discorso sensato, i questo modo io non capisco, perciò adesso trovi un modo per calmarti e poi ne riparliamo." Ho provato, come quando era più piccola a farle scrivere o disegnare il problema, ma di solito mi dice che la fa arrabbiare di più, allora la distraggo chiedendole di cucinare insieme o di mettere uno smalto nuovo, e in questo modo riusciamo a parlare con calma.
Non siamo sempre in grado di seguire questi consigli e anche quando lo facciamo, in presenza di ragazzi e ragazze che crescono può capitare che un legame si allenti, che una dose di fiducia e comunicazione venga meno, che un figlio o una figlia si sentano incompresi e si chiudano nella loro bolla.
Nell'infografica che segue ho separato in tre gruppi alcune frasi che si possono usare.
Le parole dell'accettazione. Usando queste parole gli comunichiamo che siamo in grado di accettare le loro emozioni, anche quelle più forti: sei mia figlia ti voglio bene e accetto che tu provi anche sentimenti negativi.
Le parole dell'empatia. Diciamo loro che siamo capaci di comprendere ciò che provano: sono in grado di capire come ti senti.
Le parole dell'elaborazione. Suggeriamo un primo passo verso la soluzione del problema, ascoltandoli o parlandone insieme: se vuoi cercare una soluzione, io posso aiutarti.
Altre frasi molto utili servono a distrarre dal problema nel momento critico per poterlo affrontare meglio a mente lucida e a calmare dai sentimenti troppo intensi. Si può offrire un abbraccio, chiedere scusa, invitare ad uscire o fare qualcosa insieme. Ne ho riportate alcune nei fumetti rossi.
Coi ragazzi ancora più grandi occorrerà affrontare le conseguenze delle loro azioni sbagliate.
Potranno disobbedire ad una regola, come rientrare tardi o non avvisare se escono, con loro sarà inutile sperticarsi in lunghissimi rimproveri, l'unico effetto sarà quello di allontanarli perché capiranno solo che non li riteniamo in grado di badare a loro stessi. Meglio invece dire brevemente cosa faremo ("anziché uscire con le amiche, sabato verrai con noi a fare la spesa"), ma aggiungere che gli vogliamo bene davvero ("comunque sono contenta che non ti sia successo nulla, ero preoccupata.")
Ci saranno casi in cui invece le loro decisioni sbagliate li porteranno a dover affrontare dei problemi piccoli o grandi. Anche in questo caso, lunghi monologhi e spiegazioni su cosa andava fatto invece, avranno come effetto l'allontanamento, anche se noi genitori troviamo davvero naturale utilizzare certi eventi come "lezioni memorabili". E' molto più importante invece aiutarli nel processo di decisione, cosa sia meglio fare e cosa no, in modo che in futuro siano in grado di prendere le decisioni giuste per loro. Cercare di capire insieme come abbia fatto a giungere a quella decisione sbagliata e come sia possibile rimediare al danno per non ripeterlo in futuro, è molto più utile di una punizione buttata là "così la prossima volta impari".
Il processo che sarà necessario mettere in atto per rimediare funzionerà meglio di qualsiasi punizione e rafforzerà il legame genitori-figli.
Non stai a sentire!
Avete mai notato che quando cominciamo a spiegare qualcosa ai ragazzi, dopo mezzo minuto hanno la testa altrove e non ci ascoltano più? In special modo quando è un rimprovero a una loro marachella. Beh, allora la soluzione sta in quel mezzo minuto: dobbiamo impiegare meno tempo!
Molto spesso i miei rimproveri cominciano con delle frasi tipiche:
Voglio provare a trasformare la mia lezioncina da inutile monologo a processo interattivo:
Indentifichiamo il problema. Di solito basta una semplice domanda "Quindi, ha preso un'altra nota?"
Offro aiuto e collaborazione. Fargli capire che possono farsi aiutare, ma solo se lo ritengono necessario o se pensano che sia meglio. Utilizzare delle domande la cui risposta non debba essere Sì/No: "Vuoi raccontarmi cosa è successo o preferisci qualche consiglio?", "Posso aiutarti in qualche modo?"
Stimolo la ricerca di una soluzione. La soluzione deve arrivare dai nostri figli, se non gliela diamo già bella confezionata avranno l'opportunità di imparare a risolvere i primi piccoli problemi da soli e acquisire le competenze per affrontare quelli più grandi che verranno in futuro: "Cosa pensi di fare per risolvere questo problema?", "Pensi di scusarti?", "C'è qualcuno che può aiutarti a scuola?"
Parliamo del futuro. Normalmente bambini e ragazzi sono focalizzati nel presente, aiutarli ad avere una visione futura permette loro di gestire meglio il concetto di causa-effetto e azione-conseguenza: "Cosa pensi di fare la prossima volta che succede la stessa cosa?"
Ci sono persone (e genitori) che non perdono mai occasione per dare una lezione e pontificare, ma insegnare non è fare un monologo. Insegnare e apprendere sono attività che implicano la conversazione e lo scambio: il momento in cui si scatena la crisi o quando il ragazzo è sopraffatto dalle emozioni (siano rabbia, umiliazione o sconforto) non può essere il momento migliore per uno scambio equo.
Allo stesso modo, se vogliamo instillare valori morali: è meglio cogliere l'occasione di una conversazione su quello che è successo a scuola, o un film che si sta guardando, o un momento in cui si lavora insieme, come cucinare o creare qualcosa.
Un ragazzo che fa un errore non è la fine del mondo. Tutti noi li facciamo e sono l'occasione per imparare qualcosa, se vogliamo che un ragazzo impari dobbiamo permettergli anche qualche fallimento. E una punizione non è sempre necessaria. Una reazione esagerata da parte nostra al fallimento in un suo tentativo, avrà come unico risultato che la prossima volta non ci proverà neppure per la paura di deluderci.
I tipici dubbi che vengono a me sono:
- se metto in punizione mio figlio, poi lo traumatizzo a vita?
- ho cercato di spiegargli con calma e invece ho cominciato ad urlare come sempre, perché non riesco a stare calma?
- continuo a dire no Tv, no tablet, no dolci, no stare alzati... tutti questi no comprometteranno la loro autonomia?
- non danno mai retta... occorre più disciplina o più dialogo?
Creare legami
Una serie di regole (poche) è necessaria. Creando delle routine e migliorando l'organizzazione mi sono resa conto che anche i ragazzi sono più sereni. Tuttavia posso notare che eccedere nella disciplina compromette pericolosamente la relazione fra genitori e figli perché una pianificazione troppo serrata e regole molto rigide fanno perdere la dolcezza e la spontaneità del rapporto coi bambini.
Soprattutto quando si hanno bambini ancora piccoli, non si deve mai dimenticare di abbracciarli, ascoltarli, giocare con loro, scherzare e permettere loro di eccedere nelle emozioni.
Questo non significa "fare gli amici". Non c'è nulla di peggio di una famiglia in cui i figli fanno il loro spettacolino mentre i genitori approvano o incoraggiano ogni loro azione(1): i bambini hanno bisogno di paletti, di sapere che vengono protetti anche da loro stessi, ma a volte è meglio concentrarci sul legame che sulla punizione.
Nel mio bullet journal ho raccolto alcune cose che faccio per a formare un legame più forte con i miei bambini. Si tratta di una mappa mentale che ho disegnato focalizzandomi sul legame madre-figlio e riferita a bambini dell'età dei miei figli, dai 6 ai 12 anni circa:
Quando i bambini diventano ragazzi, l'impresa non diventa più facile. Nella pre-adolescenza i ragazzini desiderano ancora l'affetto e la protezione dei genitori, arrivando ad eccessi di gelosia anche molto fisici nei confronti dei fratelli minori, tuttavia sentono il bisogno di una certa autonomia e sono gratificati immensamente da una mamma e un papà che permettono loro di "andare nel mondo" da soli.
Mentre loro crescono, i genitori hanno l'arduo compito di bilanciare questo desiderio di autonomia nell'esplorazione delle strade della vita, e riuscire a fornirgli abbastanza indicazioni affinché seguano il giusto sentiero.
Non sembra facile nemmeno a dirlo, ma è più semplice se si riesce a mantenere un saldo legame con loro come quando erano più piccoli e quindi, nei conflitti che certamente avverranno, mantenere l'attenzione sul rapporto, sul legame coi ragazzi e avere la loro fiducia.
Sto sperimentando questi suggerimenti con mia figlia e per il momento mi sembrano avere un buon risultato sulla nostra relazione.
Non reagire subito. Urla, lezioni interminabili o punizioni peggiorano il rapporto con un adolescente. La cosa migliore è prendermi qualche secondo di tempo prima di rispondere .
Se usa un linguaggio forte, mantenere la calma. Devo ricordare che io sono la persona adulta e gli adulti non rispondono come i ragazzi, non reagisco con parolacce alle parolacce, non uso la violenza né verbale né fisica. A volte le rispondo con frasi del tipo: "Non c'è bisogno di usare queste parole, ma se non riesci a fare diversamente, è meglio che ti calmi prima di parlarne ancora", oppure: "Sei troppo arrabbiata per fare un discorso sensato, i questo modo io non capisco, perciò adesso trovi un modo per calmarti e poi ne riparliamo." Ho provato, come quando era più piccola a farle scrivere o disegnare il problema, ma di solito mi dice che la fa arrabbiare di più, allora la distraggo chiedendole di cucinare insieme o di mettere uno smalto nuovo, e in questo modo riusciamo a parlare con calma.
Non siamo sempre in grado di seguire questi consigli e anche quando lo facciamo, in presenza di ragazzi e ragazze che crescono può capitare che un legame si allenti, che una dose di fiducia e comunicazione venga meno, che un figlio o una figlia si sentano incompresi e si chiudano nella loro bolla.
Li osserviamo, malinconici o arrabbiati, mentre rimuginano su qualcosa che per loro è gigantesco e che invece noi minimizziamo, allargando ancora di più lo spazio che ci separa.
Molto spesso si trovano in quella bolla dopo averci urlato "tu non capisci!" o si sono girati dall'altra parte mugugnando "non serve a niente..." e li vediamo bloccati in quel luogo inaccessibile ad affogare in una moltitudine di sentimenti negativi che crescono nel tempo. In quei momenti non si sa cosa dire per farli sentire meglio, ma dobbiamo renderci conto che neanche loro, i ragazzi, sanno cosa dire. Per quello delle volte esagerano con le parole, ferendoci. Non sanno cosa dire e spesso dicono le cose sbagliate.
Ovviamente non possiamo entrare nella bolla, io non ci voglio entrare, non voglio deprimermi con mia figlia meditando tutte le sue sfortune, né prendere le redini e fare ciò che deve invece fare lei per uscirne. Deve imparare a rompere la bolla da sola e reagire. Quello che le serve è sapere che io ci sono, che capisco come si sente anche se non condivido le sue scelte o le sue azioni, che quando uscirà da lì, se vorrà, potrò aiutarla. E ci sono parole che rompono anche le bolle più resistenti
Nell'infografica che segue ho separato in tre gruppi alcune frasi che si possono usare.
Le parole dell'accettazione. Usando queste parole gli comunichiamo che siamo in grado di accettare le loro emozioni, anche quelle più forti: sei mia figlia ti voglio bene e accetto che tu provi anche sentimenti negativi.
Le parole dell'empatia. Diciamo loro che siamo capaci di comprendere ciò che provano: sono in grado di capire come ti senti.
Le parole dell'elaborazione. Suggeriamo un primo passo verso la soluzione del problema, ascoltandoli o parlandone insieme: se vuoi cercare una soluzione, io posso aiutarti.
Altre frasi molto utili servono a distrarre dal problema nel momento critico per poterlo affrontare meglio a mente lucida e a calmare dai sentimenti troppo intensi. Si può offrire un abbraccio, chiedere scusa, invitare ad uscire o fare qualcosa insieme. Ne ho riportate alcune nei fumetti rossi.
Coi ragazzi ancora più grandi occorrerà affrontare le conseguenze delle loro azioni sbagliate.
Potranno disobbedire ad una regola, come rientrare tardi o non avvisare se escono, con loro sarà inutile sperticarsi in lunghissimi rimproveri, l'unico effetto sarà quello di allontanarli perché capiranno solo che non li riteniamo in grado di badare a loro stessi. Meglio invece dire brevemente cosa faremo ("anziché uscire con le amiche, sabato verrai con noi a fare la spesa"), ma aggiungere che gli vogliamo bene davvero ("comunque sono contenta che non ti sia successo nulla, ero preoccupata.")
Ci saranno casi in cui invece le loro decisioni sbagliate li porteranno a dover affrontare dei problemi piccoli o grandi. Anche in questo caso, lunghi monologhi e spiegazioni su cosa andava fatto invece, avranno come effetto l'allontanamento, anche se noi genitori troviamo davvero naturale utilizzare certi eventi come "lezioni memorabili". E' molto più importante invece aiutarli nel processo di decisione, cosa sia meglio fare e cosa no, in modo che in futuro siano in grado di prendere le decisioni giuste per loro. Cercare di capire insieme come abbia fatto a giungere a quella decisione sbagliata e come sia possibile rimediare al danno per non ripeterlo in futuro, è molto più utile di una punizione buttata là "così la prossima volta impari".
Il processo che sarà necessario mettere in atto per rimediare funzionerà meglio di qualsiasi punizione e rafforzerà il legame genitori-figli.
Non stai a sentire!
Avete mai notato che quando cominciamo a spiegare qualcosa ai ragazzi, dopo mezzo minuto hanno la testa altrove e non ci ascoltano più? In special modo quando è un rimprovero a una loro marachella. Beh, allora la soluzione sta in quel mezzo minuto: dobbiamo impiegare meno tempo!
Molto spesso i miei rimproveri cominciano con delle frasi tipiche:
- quand'ero piccola io...
- cosa ti aspetti di fare nella vita se...
- tua sorella/fratello è più...
Voglio provare a trasformare la mia lezioncina da inutile monologo a processo interattivo:
Indentifichiamo il problema. Di solito basta una semplice domanda "Quindi, ha preso un'altra nota?"
Offro aiuto e collaborazione. Fargli capire che possono farsi aiutare, ma solo se lo ritengono necessario o se pensano che sia meglio. Utilizzare delle domande la cui risposta non debba essere Sì/No: "Vuoi raccontarmi cosa è successo o preferisci qualche consiglio?", "Posso aiutarti in qualche modo?"
Stimolo la ricerca di una soluzione. La soluzione deve arrivare dai nostri figli, se non gliela diamo già bella confezionata avranno l'opportunità di imparare a risolvere i primi piccoli problemi da soli e acquisire le competenze per affrontare quelli più grandi che verranno in futuro: "Cosa pensi di fare per risolvere questo problema?", "Pensi di scusarti?", "C'è qualcuno che può aiutarti a scuola?"
Parliamo del futuro. Normalmente bambini e ragazzi sono focalizzati nel presente, aiutarli ad avere una visione futura permette loro di gestire meglio il concetto di causa-effetto e azione-conseguenza: "Cosa pensi di fare la prossima volta che succede la stessa cosa?"
Ci sono persone (e genitori) che non perdono mai occasione per dare una lezione e pontificare, ma insegnare non è fare un monologo. Insegnare e apprendere sono attività che implicano la conversazione e lo scambio: il momento in cui si scatena la crisi o quando il ragazzo è sopraffatto dalle emozioni (siano rabbia, umiliazione o sconforto) non può essere il momento migliore per uno scambio equo.
Allo stesso modo, se vogliamo instillare valori morali: è meglio cogliere l'occasione di una conversazione su quello che è successo a scuola, o un film che si sta guardando, o un momento in cui si lavora insieme, come cucinare o creare qualcosa.
Un ragazzo che fa un errore non è la fine del mondo. Tutti noi li facciamo e sono l'occasione per imparare qualcosa, se vogliamo che un ragazzo impari dobbiamo permettergli anche qualche fallimento. E una punizione non è sempre necessaria. Una reazione esagerata da parte nostra al fallimento in un suo tentativo, avrà come unico risultato che la prossima volta non ci proverà neppure per la paura di deluderci.
(1) Un terribile episodio a cui ho assistito qualche anno fa. Un turista era seduto col figlio di circa cinque anni su una panchina e stavano scherzando, quando il bambino ha esclamato "Papà sei un co***one!" Ebbene, io non avrei mai permesso a mio figlio di dire quella parola, tanto meno in pubblico, tanto meno a me che sono il suo genitore! Sicuramente lo avrei sgridato pesantemente. Quel papà, invece, è esploso in una sonora risata: "Hai sentito cosa ha detto?" ha risposto rivolto alla compagna, con la stessa divertita soddisfazione che poteva avere quando ha sentito le sue prime parole. Ne rimasi sconvolta e decisi che tipo di genitore non volevo essere.
Riferimenti:
Imperfect Families
The (reformed) Idealist Mom
Articoli sullo stesso argomento:
Parte 1
Riferimenti:
Imperfect Families
The (reformed) Idealist Mom
Articoli sullo stesso argomento:
Parte 1
Commenti
Posta un commento