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Ho fatto il giro del mondo e sono tornata.
Questa mattina ho avuto un attacco di messapostite e ho viaggiato nel tempo e nello spazio con la speranza di poter archiviare, compattare o al limite buttare le centinaia di ricordi cartacei della mia vita nei tempi in cui il personal computer ce lo aveva solo il capitano Kirk.
Ho letto vecchie lettere indirizzate al collegio universitario, ho spolverato quadernoni con ritagli di ogni cosa contenesse la parola 'Star Trek' e scatole piene di appunti per interminabili avventure di 'Dungeons&Dragons', ho fatto in striscioline finissime stampe di mail, buste e prescrizioni.
Infine ho trovato il raccoglitore con la collezione di bustine di zucchero di mia sorella.
Mia sorella non abita più quì da anni, ma ha lasciato in questa casa le cose che la gente non vuole con sé quando si trasferisce in una vita nuova. Succede sempre. Chi per primo abbandona il tetto natale può permettersi di lasciare il ciarpame, tanto il dolore del primo distacco nasconderà il sudiciume inutile e i ricordi di un'esistenza che non possono dir più nulla a chi resta. Chi se ne andrà per secondo dovrà fare attenzione a quello che si porta e a quello che lascia: per lui il distacco è meno sofferto e gli scatoloni del fratello sono ancora da smaltire.
Ma torno alle bustine di zucchero. Mi serviva quel meraviglioso raccoglitore, avevo trovato un uso appropriato e volevo disfarmi delle bustine, ma mi dispiaceva sprecare lo zucchero. Cominciai a svuotarle una per una in una ciotola, controllandone di volta in volta il contenuto. Man mano che la ciotola si riempiva di sfumature di bianco mi resi conto che non avevo mai guardato quelle confezioni colorate.
La maggior parte erano le vecchie bustine con i vascelli, le navi, i giochi circensi, i quadri. Ma altre venivano dall'estero. Da bambine aspettavamo sempre le bustine riportate dai viaggi dello zio e ci sembrava di viaggiare con lui. Non si dimenticava mai di portarci i souvenir da Singapore, Dubai, Monaco, Leningrado. E per mia sorella portava lo zucchero. I disegni esotici, i caratteri illeggibili ci facevano credere che davvero quello zucchero avesse fatto il giro del mondo per arrivare fino alle nostre mani e lo zio ci sembrava immensamente ricco e fortunato per potersi permettere ogni anno quelle destinazioni alla fine del mondo.
Lo zucchero ha molte sfumature diverse, più giallo nell'Europa dell'est, più chiaro in Asia, bianchissimo quello delle compagnie aeree. Alcune buste mi ricordavano i nostri viaggi a Tenerife, a Rab, in Spagna nei tempi in cui la famiglia si permetteva la vacanza una volta all'anno, un anno sì uno no all'estero. Eravamo più poveri, ma acquistavamo poche inutilità si riusciva a risparmiare. Stare insieme era la ricchezza e per nulla al mondo il mio papà avrebbe rinunciato al viaggio familiare. Si faceva in inverno, perché con il negozio non si poteva andare in vacanza quando ci andavano tutti gli altri.
Fra le bustine ce n'è una che rappresenta un volto triste, ma se la giri vedi un volto allegro. Un'altra porta la scritta "Abbiamo i clienti più simpatici del mondo!". Era di queste bustine che mio papà andava pazzo e ce le riportava sempre quando c'era una cena "dei grandi" e noi fingevamo di dormire sotto le coperte rimboccate dalla nonna in attesa che arrivasse il suo bacio sulla fronte. La mattina dopo, sul comò scoprivamo le bustine, qualche volta un cotillon, una stella filante o un cappellino di carta e saltavamo di gioia.
Ho raccolto lo zucchero in un vaso, è più di un chilo e lo voglio usare per farci delle torte. E quando sono pronte invito i miei genitori e facciamo una festa tutti insieme. Magari, chissà, troverò il modo per farne avere una a mia sorella.








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