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Non è tardi per dare più tempo ai nostri ragazzi

Quando esco dal lavoro la sera, sono consapevole che i miei figli sono a casa già da tre ore, probabilmente seduti scompostamente in salotto col telefonino in mano, annoiandosi e svuotando il cervello, con la nonna inconsapevole complice degli inevitabili danni che questo isolamento comporta.
Il prossimo anno non sarà meglio, la mia figlia più grande uscirà da scuola prima di pranzo e tornerà da sola a casa, dove l'aspetteranno le tagliatelle in un piatto riscaldato mentre io continuerò a consumare i miei pasti da sola in ufficio. Due solitudini che magari consoleremo chiacchierando su whatsapp, se lei non preferirà invece chattare con le nuove amiche delle medie.
Si pensa che i ragazzi ormai cresciuti non abbiano bisogno di molto lavoro di cura e che possano essere lasciati a casa da soli senza pericolo. Sicuramente non si daranno fuoco e non ingeriranno accidentalmente detersivo per piatti, ma che pomeriggi possono avere? Già li immagino passare tutto il giorno ascoltando le volgarità dei quattro youtubers idoli dei teenager...




Poco tempo fa io e mia figlia siamo andate a comprare degli shorts al centro commerciale. A distanza di giorni, ci fu una discussione: io le avevo imposto di staccarsi dal cellulare e lei contestava l'ordine, perché si annoiava e non sapeva cos'altro fare. Ogni mia proposta cadeva nel vuoto, finché mi disse che si ricordava di quanto era stato bellissimo uscire con me, io e lei sole, e mi chiese di rifarlo. Purtroppo durante la settimana non ho abbastanza tempo e mi rendo conto che le poche ore disponibili nei weekend, dopo aver accudito il figlio più piccolo, fatto spesa, preparato i pranzi, e provveduto ai lavori domestici, sono davvero poche per crescere una ragazza.
Se avessi mai pensato, una volta che i miei figli fossero stati grandi, di poter finalmente avere del tempo per altro che non loro, mi sarei sbagliata enormamente. Sento che lei ha davvero bisogno di me, ora che sta crescendo, e forse come sostiene Jennifer Senior
il congedo di maternità dovrebbe essere riproposto durante l'adolescenza dei nostri figli 
Uno studio del 2015 sul Journal of Marriage and Family affronta una domanda particolarmente importante sulla genitorialità: la quantità di tempo che le madri trascorrono con i loro figli influenzano il loro comportamento, la loro performance accademica o il benessere emotivo? Gli autori dello studio hanno raggiunto una conclusione ugualmente importante: NO.
E quindi il tempo trascorso con la madre nei primi anni di vita non incide particolarmente con l'attitudine ribelle o meno dei bambini più grandi. Questo deve aver rassicurato enormemente le madri lavoratrici, ne sono certa.
Lo studio faceva distinzione tra tempo impegnato (quando le madri interagiscono direttamente con i loro figli) e tempo accessibile (quando la mamma è attiva e disponibile, ma sta facendo qualcos'altro). Analizzava anche il tempo dei padri, e del tempo che insieme i genitori trascorrono coi loro figli. E ciò che ha trovato, sorprendentemente, è che non c'è correlazione tra quanto tempo la madre passa con i figli e la salute emotiva o le prestazioni accademiche o addirittura il comportamento dei figli. Lo stesso per i papà.
Lo studio però non si limitava al tempo della cura dei bambini fra i 3 e gli 11 anni, ma si estendeva fino ai 18, analizzando anche l'effetto che questo tempo condiviso ha sullo sviluppo degli adolescenti. Questi ultimi sono risultati il gruppo più vulnerabile, dimostrando che il tempo trascorso con  i genitori determinava una differenza positiva durante l'adolescenza, tra cui meno problemi comportamentali, migliori risultati scolastici, minore uso di sostanze e meno comportamento delinquenziale inteso nella forma più ampia, dal mentire su qualcosa di importante fino all'essere arrestati.

Non più di vent'anni fa si pensava che gli anni sacri fossero quelli da 0 a 3, e le leggi sui permessi di astensione dal lavoro sono fossilizzate a questa idea, oltre al fatto che della questione si debba occupare esclusivamente la madre.
Con i nuovi studi sulle  neuroscienze però non si può più ignorare che l'adolescenza sia un periodo estremamente sottovalutato. Durante l'adolescenza, la corteccia prefrontale, responsabile della funzione esecutiva del cervello, non ha ancora terminato il suo sviluppo, pertanto gli adolescenti non sono molto abili nel controllo decisionale e ciò determina non solo la loro impulsività, ma una pericolosa inclinazione alla dipendenza. Il loro cervello è immerso nella dopamina e crea continue e nuove connessioni sinaptiche, per questo tendono a sovrastimare le ricompense che ottengono dai comportamenti a rischio.


La sfida dei genitori allora è quella di trovare un modo per strutturare la giornata dei loro figli in maniera da ridurre al minimo le probabilità di intraprendere comportamenti a rischio, sfruttando questa predisposizione degli adolescenti verso sfide positive:
gli adolescenti hanno la capacità di impegnarsi nelle cose in modo veramente appassionato e la passione è il primo passo verso il successo
Ad esempio perché non sfruttare la passione per un videogame indirizzando il ragazzo verso un corso pratico di informatica, robotica o astronautica? O proporre un nuovo sport mai provato prima, particolarmente difficile o avventuroso, sfruttando il desidero per il rischio e la sfida...
Gli adolescenti possono studiare assiduamente rimanendo molto concentrati nelle discipline che li interessano. E' il momento della vita in cui i ragazzi trascorrono ore ore suonando la chitarra, imparando a programmare, praticando la danza, memorizzando tutte le costellazioni conosciute. E' il momento giusto per impostare un metodo di apprendimento che servirà loro più avanti, un'abitudine al lavoro duro ed efficace che non li abbandonerà e che può diventare l'inizio di una carriera.
I genitori possono aiutare i loro figli a identificare quello che li coinvolge maggiormente per sostenere il loro impegno in quella passione, non importa quale sia.


Non è una novità che l'uso smodato dello smartphone negli adolescenti stia cominciando ad avere ripercussioni durissime sulla vita sociale dei nostri figli. I ragazzi appartengono a community sempre più grandi di milioni di seguaci,a ma hanno vite sempre più solitarie passate stesi sul divano con un telefonino in mano. Negli stati uniti sta diventando un problema serio.
I genitori possono contribuire a incoraggiare lo sviluppo di una vasta rete di relazioni sociali per i loro figli. Il coinvolgimento nella comunità viene trasmesso da una generazione all'altra e i bambini che hanno genitori molto coinvolti nella comunità sono più portati alla partecipazione, sono impegnati e mantengono questa inclinazione in età adulta.
Quindi la cosa più importante che i genitori possono fare per facilitare lo sviluppo sociale è avere relazioni sane a casa - sia con i propri figli che con il loro partner - e incoraggiare relazioni positive tra i fratelli e amici. Questo è certamente molto più facile se si riesce ad avere del tempo da trascorrere con i ragazzi e la famiglia.

Il mondo del lavoro non riconosce l'importanza del congedo parentale nemmeno per i neonati, ancora meno per i bambini più grandi. La tempistica riguardo l'adolescenza è particolarmente sfavorevole perché va ad incidere sugli anni in cui il guadagno è particolarmente importante per assicurare un futuro ai propri figli (spese universitarie, viaggi studio, attività sportiva agonistica...) e la situazione è particolarmente critica nelle famiglie monoreddito o con genitore singolo, già di per sé svantaggiate.
Forse davvero la migliore forma di ribellione "adolescenziale" è prendersi un permesso dal lavoro per trascorrere dei pomeriggi con il proprio figlio.

In ogni caso per me è sicuramente un sollievo sapere che quei primi tre anni non rappresentano tutto quello che potevo dare ai miei bambini e che ho ancora qualche possibilità di agire sullo sviluppo della loro persona, una seconda possibilità per aiutarli ad acquisire le abilità necessarie all'età adulta.



Riferimenti:
Laurence Steinberg - Age of Opportunity: Lessons from the New Science of Adolescence

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