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Una volta eri sempre allegra – di cunette, bitume e mezzi in panne

"Una volta eri sempre allegra."

E’ un’osservazione che fa male, il non-complimento al quale rispondiamo con frasi fatte: “quando si cresce le cose non sono più così semplici”, “non sono più quello/a di una volta” e il grande classico: “è la vita.”

Cominciamo subito: per fortuna non siamo più quelli di una volta! Crescere è anche la consapevolezza del cambiamento e l’accettazione delle difficoltà della vita, ché la vita non è un percorso che qualcuno ha preparato, predisposto a puntino per noi. Il mondo e la natura non procedono intorno agli esseri umani e questo non è il nostro habitat ideale, al contrario. Il mondo in cui viviamo è avverso alla scimmia nuda, siamo noi che modelliamo e trasformiamo il mondo, la natura e il nostro comportamento per vivere con meno sofferenza possibile - e a volte lo facciamo con decisioni scellerate.

Inoltre: la felicità è sempre una scelta. Qualunque cosa accada possiamo sempre cambiare l’atteggiamento con cui lo accogliamo e far buon viso al cattivo gioco. Scrivo accogliamo perché non possiamo fare altrimenti con gli eventi della vita. Possiamo accettare o evitare ogni cosa, ma in ogni caso quello che evitiamo non sparisce, ma resta lì – a volte ingigantendo a dismisura - e ciò che abbiamo cacciato dalla porta può rientrare dalla finestra con maggiore impatto e quando meno ce l’aspettiamo.

 

Una corsa ad ostacoli

Una delle cose più utili che i miei genitori mi abbiamo insegnato è quella di prepararsi alle cose per quando si deve affrontarle. Dalle questioni più spicciole come pagare un bollettino o chiamare l’assicurazione fino alla gestione di un negozio o di un divorzio. Prevenzione per un’adeguata risposta, non per aggirare i problemi.
 
Mi sono laureata con questa immagine: il mio piano di studi lo vedevo come una corsa ad ostacoli. Ogni esame era un ostacolo sulla pista verso la laurea, potevo scegliere di fare una bella corsa e saltarlo - prendere un ottimo voto e passare al successivo - oppure quando non riuscivo a prepararmi bene, accettare che l’ostacolo cadesse ottenendo un malus a fine corsa, ma comunque andando avanti con un diciotto in tasca. Decisione mia. La corsa comunque la vinci solo se arrivi in fondo con il minor numero di ostacoli caduti: se eviti gli ostacoli hai perso, non è ammesso girarci intorno.

Non nego di aver avuto una strategia anche per l’evitamento basata sulla procrastinazione scientifica, ma alla fine ho portato a casa il risultato guardando gente più brillante e preparata di me rinunciare per paura o pigrizia. Se rinunci perdi di sicuro, meglio accettare le avversità e crearsi una scorza che adesso piace chiamare resilienza.

La vita è una corsa ad ostacoli, a volte muri difficili da saltare e a volte semplici erbacce che basta allungare il passo. La cosa bella è che ad ogni ostacolo superato ti senti più forte – e lo sei. L’atleta migliora allenandosi, non passeggiando sul tartan.

E quindi una volta eri sempre allegra. Perché non più?
Tolto il fattore “la vita è più difficile di quello che credevo”, cosa ci insegna questa domanda? Occorre fare attenzione alle critiche e alle osservazioni che vengono dall’esterno, dobbiamo trattarle come una sveglia, un campanello d’allarme che qualcuno sta suonando inconsapevolmente. Dovremmo ringraziare, invece di offenderci.

Mi sono sentita offesa, punta nel nervo giusto, perciò ho fatto una pausa.
Mi sono fermata a pensare cosa avesse potuto sollevare questo sentimento. Effettivamente in questi anni - non pochi – il mio umore è andato rabbuiandosi.
Ridevo tanto, adesso mi capita poco. Uscivo tanto, adesso preferisco divano e plaid. Viaggiavo tanto, adesso preparo itinerari che non percorro.
Come spegnendomi lentamente mi trovo in una specie di stallo: va tutto bene eppure sono molto meno solare e gioiosa, meno felice. Le persone che mi amano trovano delle scuse al posto mio, sanno che ho affrontato difficoltà di vario tipo, sentimentali, lavorative, economiche e familiari, ma appunto sono solo scuse.


Piccolissime e noiosissime cose

Quando leggo i fantacoach scrivere della gioia delle piccole cose mi viene da ridere: correre a destra e sinistra dalle sei del mattino per sistemare pargoli, gatti e pasti, lavorare fino a tarda sera delegando a persone riottose tutto quello che ti piacerebbe fare personalmente, trascorrere le serate con la lavatrice e lo spray bagno, non è l’ideale di vita.
E allora da qualche giorno ho fatto l’esperimento di essere allegra a prescindere.
Mi immagino a venticinque anni, prima di due tre persone che hanno intossicato la mia vita, e mi comporto come si comporterebbe quella giovane donna che saltava ostacoli. Come sorriderebbe lei nel preparare la colazione o rifare il letto mentre pensa alle grandi cose che farà quel giorno... devo dire che funziona.

Vi svelo il segreto che tutti fanno finta di non sapere: la vita è fatta di queste cose, cose piccolissime e noiosissime, scocciature che dobbiamo farci andar bene. E’ fatta di piatti da lavare e pavimenti da spazzare, di bicchieri da asciugare e specchi da pulire, di vomito di gatto e cacca di cane, di strilli di bambini e urli di capiufficio, di caffè riscaldati e minestre surgelate, di sorpassi azzardati e mancate precedenze, di resti sbagliati e conti da saldare. E c’è sempre qualcuno che si crede più furbo a passare col rosso.
Perciò se fate parte di quei privilegiati a cui viene solo chiesto di aiutare – mentre dovrebbero chiedervi di essere partecipi – in realtà vi si chiede di sopportare queste cose, e farlo serenamente. Perché se per ogni bicchiere da lavare dovete imprecare e fare una testa così per aiutare, siete completamente inutili. Anzi peggio, siete tossici.

Mi spiego.

Rendere velenosa la vita è semplicissimo, basta arrabbiarsi per ogni piccola cosa quotidiana. Se il gatto vomita (1), incazzatevi con chi vi ha telefonato scegliendo il momento meno adatto, imprecate al cielo, urlate al gatto – sicuramente ha vomitato per farvi dispetto, inventate oscuri motivi per cui il gatto vi odia - e continuate così una buona mezzora.
Poi pulite. Tanto pulire vi tocca comunque.
E così per mezzora vi siete sfogati, giusto? No. Per mezz’ora avete oscurato il cielo e la casa, irritato tutti quelli che vi hanno sentito, distratto voi e le persone intorno da ciò che è bello e importante portando l’attenzione al vomito del gatto. Una coltre di bitume ha avvolto voi e coloro che vi stanno intorno.

E poi avete comunque pulito. Fatti quotidiani: pulire.

Allora forse pulire e passare sopra – al vomito, all’irritazione, all’inevitabilità del tutto – sarebbe stata una scelta migliore. Di sicuro più veloce. Certamente più serena.
Dicono che il mondo è di chi si alza presto. Non è vero. Il mondo è di chi è felice di alzarsi.
-- Monica Vitti
La vita non è fatta di grandi eventi. I grandi eventi sono pochi: prova a contare i tuoi viaggi più belli, la nascita dei tuoi figli o nipoti, i successi lavorativi. Solo poche unità. Quello di cui è fatta la vita sono cene riscaldate, liste della spesa, pantaloni da smacchiare e appuntamenti dimenticati.
Se non ci facciamo andare bene queste cose, riempiamo le giornate di bitume in cui arrancare strisciando per arrivare a sera, letteralmente. Arriverai al punto in cui non riuscirai ad avere più piacere per nulla e l’unico momento buono della giornata sarà quando togli le scarpe, come nella barzelletta (2).


Scegliere il colore giusto

Le faccende quotidiane e i piccoli inconvenienti sono talmente tanti che imprecare, lamentarsi e arrabbiarsi per questo non vale davvero la pena. La soluzione è sempre nell’agire, fare, eliminare, normalizzare, occuparsene, smarcarli. Impiegare venti minuti a lamentarsi di qualcosa che si elimina in due minuti non è solo stupido, è da pazzi. Il nostro tempo in questo mondo è limitato, abbiamo una scadenza scritta da qualche parte sulla nostra pelle e occupare il tempo con le lamentele e imprecazioni serve solo ad una cosa: allontanare le persone.

Ci sono volte che non ho voglia di tornare a casa. Ci sono volte che vado volentieri in soffitta a fare le lavatrici solo per non dover sentire lamentarsi le persone che mi circondano. Ci sono volte in cui mi isolo, trovo scuse per non esserci, mi allontano. Ora: se fossi tu la causa? Quando ti senti profondamente solo o sola, quando credi che nessuno voglia stare con te, fattele due domande: di che colore riempi il tempo quotidiano? La vita normale, al netto di feste e vacanze, con te è gioiosa o non è forse un manto oscuro?
Perché io conosco gente che passa davanti a Netflix anche venti ore al giorno nel weekend e fra un serial e l’altro impreca pigiando i tasti di non trovare niente in lista – ma che altro cactus cerchi, dico io? Rientri a casa e qualcuno impreca. Esci di casa e qualcuno impreca. Lavi i piatti, spazzi, cucini, e dietro di te c’è qualcuno che impreca. Col telecomando, col cellulare, col giochino, col gatto, col mondo.

Gli ostacoli quotidiani - che poi non sono ostacoli, ma sono solo cose da pulire, proprietà da manutenere, esseri da accudire, rapporti da conservare - sono solo cunette e dossi nella lunga strada della vita.Vanno affrontati dolcemente, con delicatezza. Altrimenti alla lunga l’automobile si rompe.


(1) Per i più sensibili, vale anche l’analogia del latte versato.

(2) Un tizio sui cinquanta va a comprare le scarpe nel suo negozio di fiducia e acquista un n. 44 coi lacci in pelle marrone. Dopo qualche giorno torna nel negozio per acquistare un paio di mocassini chiedendo un n. 43, il commesso si ricorda che portava il 44, ma lui dice che erano troppo larghe e vuole un numero in meno. La settimana seguente torna al negozio e chiede un’altra scarpa nera, il commesso gli porge la scatola del n. 43, ma lui insiste per un 42. “Sono troppo strette”, osserva il commesso, ma lui è convito e le prende comunque. Un mese dopo torna al negozio e chiede di un n. 41, alla richiesta il commesso si rifiuta dicendo che già la volta prima era uscito zoppicando e non poteva dargli un numero così piccolo, gli avrebbe rovinato i piedi, non era professionale. A quel punto l’uomo lo interrompe: “Senta, la mia vita è già abbastanza dura: un mese fa ho perso il lavoro che facevo da trent’anni, due giorni dopo mia moglie mi ha lasciato portandosi via tutto, poi anche il mio cane è scappato e ieri mi hanno sfrattato perché non pago l’affitto. Adesso abito a casa di mia madre, lavoro part-time in un McDonald e mangio Happy Meal per risparmiare. L’unico momento di vera soddisfazione è quando torno a casa e dopo sei ore in piedi mi tolgo le scarpe.”

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