bomdoio bomdoio bomdoio bimbi bomdoio tuti
Ieri mattina Pallina mi ha salutato con un bel buongiorno. Io non capivo, credevo volesse un pomodoro (pomdoio) e solo quando ha salutato Bambi ripetendo le parole del gufo: "Buongiorno piccolino" che in pallinese suona come "bomdoio piino", ho capito cosa mi avesse detto nel lettino.
Il problema è che ormai capisco meglio il pallinese dell'idioma con cui il mio capo e il collega ansioso si scambiano informazioni. Ore ed ore di chiacchiere in cui idealmente fanno microanalisi del codice e durante le quali in realtà parlano di cose completamente diverse.
Ricordo che il collega ansioso fu molto felice di sapere che il nostro nuovo capo fosse il giovane ingegnere, adesso mi rendo conto del motivo. Non si tratta solo di solidarietà di genere. Il capo passa gran parte del tempo sul codice del collega ansioso. Discutono, analizzano, contestano, ricopiano e riscrivono, smontano e rimontano. Roba nuova quasi niente. Soluzioni poche. Chiacchiere tante.
Nel frattempo, sull'altra parete noi si sviluppa a manetta (noi sarei poi solo io), si correggono anomalie, si scovano nuovi buchi, si implementano nuove funzionalità. Sulla terza parete si supportano i clienti, si raccolgono richieste e suggerimenti, si prepara documentazione di corsi e si intercettano le richieste della direzione. Insomma, su questi due lati c'è vita, ma nel terzo il tempo si è fermato.
Ogni tanto il giovane ingegnere si volta sulla sedia rotante e si informa "vi siete sincronizzate? vi tenente aggiornate?"
E già, perché dobbiamo continuamente scambiarci informazioni verbali anche noi in barba al software di gestione del progetto che abbiamo durarmente imparato a usare per l'ISOnovemilaequalcosa. Senza parole non si lavora, a quanto pare. Dobbiamo darci voce fra CQ e sviluppo, così il giovane capo può assicurarsi che non siamo con le mani in mano.
Noi invece gradiremmo tanto che i due maschi la smettessero di chiacchierare e cominciassero, magari ognuno per conto proprio, a buttar giù del software funzionante.
Ieri mattina Pallina mi ha salutato con un bel buongiorno. Io non capivo, credevo volesse un pomodoro (pomdoio) e solo quando ha salutato Bambi ripetendo le parole del gufo: "Buongiorno piccolino" che in pallinese suona come "bomdoio piino", ho capito cosa mi avesse detto nel lettino.
Il problema è che ormai capisco meglio il pallinese dell'idioma con cui il mio capo e il collega ansioso si scambiano informazioni. Ore ed ore di chiacchiere in cui idealmente fanno microanalisi del codice e durante le quali in realtà parlano di cose completamente diverse.
Ricordo che il collega ansioso fu molto felice di sapere che il nostro nuovo capo fosse il giovane ingegnere, adesso mi rendo conto del motivo. Non si tratta solo di solidarietà di genere. Il capo passa gran parte del tempo sul codice del collega ansioso. Discutono, analizzano, contestano, ricopiano e riscrivono, smontano e rimontano. Roba nuova quasi niente. Soluzioni poche. Chiacchiere tante.
Nel frattempo, sull'altra parete noi si sviluppa a manetta (noi sarei poi solo io), si correggono anomalie, si scovano nuovi buchi, si implementano nuove funzionalità. Sulla terza parete si supportano i clienti, si raccolgono richieste e suggerimenti, si prepara documentazione di corsi e si intercettano le richieste della direzione. Insomma, su questi due lati c'è vita, ma nel terzo il tempo si è fermato.
Ogni tanto il giovane ingegnere si volta sulla sedia rotante e si informa "vi siete sincronizzate? vi tenente aggiornate?"
E già, perché dobbiamo continuamente scambiarci informazioni verbali anche noi in barba al software di gestione del progetto che abbiamo durarmente imparato a usare per l'ISOnovemilaequalcosa. Senza parole non si lavora, a quanto pare. Dobbiamo darci voce fra CQ e sviluppo, così il giovane capo può assicurarsi che non siamo con le mani in mano.
Noi invece gradiremmo tanto che i due maschi la smettessero di chiacchierare e cominciassero, magari ognuno per conto proprio, a buttar giù del software funzionante.
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