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Problem solving per ragazzi - Parte 2: Rispondere o reagire

Prima tocca a noi. Già perché per insegnare ai nostri figli a gestire le difficoltà, dobbiamo innanzitutto essere d'esempio e non partire di testa di fronte ad un problema.
Ho usato la frase partire di testa perché spesso, a fronte di una crisi dei miei bambini, li descrivo come impazziti, fuori di testa, fuori controllo e altre colorite metafore.
E' ora di chiedersi in che modo io, adulta, reagisco alle loro crisi (e alle mie). E se sono le stesse.

Rispondere o reagire?
In un'altra serie ho già accennato alla differenza fra rispondere ad una crisi e reagire ad essa. La reazione, intesa nel senso fisico del termine, corrisponde ad una conseguenza di uguale intensità e forza contraria. I bambini urlano, io urlo. I bambini si picchiano, io li picchio. I bambini perdono il controllo, io perdo il controllo. Una crisi gestita in questo modo non può risolversi, può solo aumentare come un incendio incontrollato fino ad estinguersi perché brucia ogni cosa.
Reagire significa opporre all'intensità emotiva dei bambini la nostra stessa intensità emotiva, e solo una mamma sa quale potenza di emozioni si scatena dentro quando assistiamo ad una crisi dei nostri figli!



In questi giorni un video ha invaso il web, si vede la madre di una figlia bulla che per educarla, ma dovrei dire punirla, la bullizza a sua volta. La notizia della ragazza rasata per aver deriso una compagna malata di cancro, è in realtà una mezza bufala e circola da molto tempo, ma ha innescato un interessante dialogo fra me ed un'amica insegnante.
La ragazza doveva certamente affrontare le conseguenze della sua azione crudele, ma utilizzando l'umiliazione, la madre ha fallito completamente il suo compito educativo. Crediamo davvero che quando avrà dei problemi seri quella ragazza si rivolgerà alla madre? O si confiderà con lei in futuro?
Cosa è accaduto a quella mamma per portarla ad un gesto così umiliante nei confronti della figlia che ama? Io credo si sia trattato di un sentimento di delusione tale, da non riuscire nemmeno lei stessa, adulta, a gestirlo. Tuttavia pretendere che i nostri figi siano quello che non sono,  genera inevitabilmente delusione.
Un momento di pausa e riflessione, prima di lasciarsi accecare dalla rabbia e tagliarle i capelli, avrebbe potuto condurre ad una soluzione più efficace, come ad esempio obbligarla a del volontariato in un reparto oncologico. Mai e poi mai diffondendo un video sul web.
Forse quella ragazza ha deriso la sua compagna perché non ha la competenza emotiva per capire il dolore che ha causato, ma la competenza emotiva non è innata, va appresa in famiglia permettendo ai ragazzi di provare il dolore e la compassione per il prossimo. E dando l'esempio.



Ecco un dialogo riportato  su Humans of New York (grassetto mio):
- It is important to maintain your equanimity. You cannot let yourself get too ‘up’ or too 'down’ based on your circumstances.
- Too 'down’ I understand. But why not too 'up?’
- Because the higher your mountains are, the deeper your valleys will seem. You should not react to the world. You should respond, but not react. A response is an action based on logic. A reaction is an emotional state. Your reaction will not change the world. Your reaction only changes you. Your response will change the world.(1)
Se reagire peggiora la situazione, cosa si intende dunque con il termine "rispondere" ad una crisi?
Innanzitutto occorre accettare che durante una crisi si scatenino intense emozioni, e che la loro forza possa diventare tale da essere ingestibile dai ragazzi.


Dobbiamo metterci il cuore in pace, il nostro compito non è cercare di risolvere il problema. Non serve dare la nostra soluzione, non occorre alcun processo, nessuna inquisizione, chi ha la colpa di cosa, chi ha scatenato la crisi, chi ha iniziato. Non solo è quasi impossibile scoprirlo, ma non ha davvero nessuna importanza. Credetemi.

Io dico sempre:
Nessun ginocchio si è mai curato

trovando la pietra che ci ha fatto cadere.
Ci vuole invece un bel cerotto e un bacio della mamma. 
Quel che possiamo fare è prendere nostro figlio e condurlo in un luogo sicuro, dove possa esprimere o sfogare le sue emozioni privatamente. A volte vuole solo stare con noi per un pochino, a volte dovremo stimolarlo ad elaborare il problema, scrivendolo o disegnandolo. Poche parole dette bene fanno miracoli.



Invece di urlare:
Adesso calmati!
(che uno poi come fa a calmarsi quando gli urlano contro?) proviamo ad usare frasi come queste:
  • Ti vedo in difficoltà, posso aiutarti? Mi racconti?
  • Perché non provi a fare un bel respiro?
  • Se devi proprio colpire qualcosa, sfogati con questo cuscino...
  • Ho capito perché sei arrabbiato. Proviamo a  trovare una soluzione insieme?
  • Conta con me fino a 10...
  • Che ne dici di un bell'abbraccio?
  • Se sei triste, puoi dirmi perché, ti ascolto...
Calma mentale, compostezza, obiettività, specialmente nelle situazioni difficili: è questo che chiedono a noi i ragazzi quando dobbiamo aiutarli nelle loro emozioni. E ciò non significa che debba andarci bene ogni cosa, che si debba essere felici anche quando tutto va male, ma che dobbiamo affrontare le avversità e i conflitti insieme a loro, guidandoli serenamente attraverso l'agitato mare dei sentimenti. 
Accadono cose belle e cose brutte, e questo può abbatterci o darci forza. Dobbiamo aiutare i nostri figli a trovare la forza per superare i momenti difficili.



(1) 
- E 'importante mantenere la serenità. Non ci si può fare entusiasmare o abbattere dalle circostanze. 
- Capisco abbattere. Ma perché non entusiasmarsi? 
- Perché più alte sono le montagne, più profonde sembrano le valli. Non si dovrebbe reagire al mondo. Si dovrebbe rispondere, ma non reagire. Una risposta è un'azione basata sulla logica. Una reazione è uno stato emotivo. La tua reazione non cambierà il mondo. La tua reazione cambia solo te stesso. La tua risposta cambierà il mondo. 

Riferimenti:
Do you react or respond to your child?

Articoli sullo stesso argomento:
Parte 1
Parte 3: Consolidare il legame
Parte 4: Allenarsi alla soluzione

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