Qualche mese fa è accaduto un evento che mi ha permesso di riappropriarmi della mia vita. Questo fatto mi ha aperto gli occhi su molti ambiti della mia esistenza e scosso dal torpore che mi stava avvolgendo.
Da anni non mi occupavo più dell’ambiente in cui abitavo, vivendolo come un confortevole alloggio pieno delle cose necessarie allo svago, al lavoro e alla sopravvivenza.
Sottolineo pieno, perché come molti non avevo più nessun controllo sulle cose che possedevo, accumulate da anni insieme a ricordi più o meno belli legati ad oggetti da cui non riuscivo a separarmi.
La mia casa era accogliente, ma caotica. Ogni sera per riuscire ad apparecchiare per la cena, era necessario liberare il tavolo da oggetti di uso quotidiano, bicchieri, scatole, libri, riviste, persino calzini, che non avevano una collocazione precisa e venivano appoggiati su tavoli e sedie. Gli oggetti venivano spostati sulle scale, per poi essere riportati sul tavolo ad evitare che di notte al buio qualcuno potesse inciamparvi. Era un mettere e togliere molto snervante dopo otto ore di lavoro.
Lo stesso accadeva al mattino per la colazione, mentre la sera che precedeva l’arrivo della colf passavo ore a liberare il pavimento da borse, giochi, scatole affinché lei potesse pulire il pavimento che altrimenti restava sporco.
Ero sempre terribilmente affaticata e le serate che avrei potuto dedicare a qualche svago diventavano nottate di riordino del salotto. Non utilizzavo più il PC di casa per non dover spostare le carte dei ragazzi, non cucinavo più piatti complicati per non dover liberare il ripiano della cucina.
In due anni la qualità della vita era peggiorata e tutto a causa del disordine.
Non fraintendetemi, non sono una disgraziata. Nei weekend riordinavo e ripulivo, ma qualcosa non andava come volevo, perché immancabilmente il lunedì sera tutto tornava come prima.
Poi un giorno, in un articolo on line, lessi che le case delle donne depresse sono molto disordinate, ma che a volte si confonde la causa con l’effetto. Il caos genera demotivazione e tristezza, dalla confusione si viene sopraffatti, il disordine ci priva di quegli angoli di relax necessari dopo una giornata di lavoro. Inoltre un ambiente male organizzato ci fa perdere tempo, tanto tempo di cui non ci si rende conto. Per ritrovare una borsa quando dobbiamo uscire, per sistemare i ragazzi prima di andare a scuola, per preparare velocemente una merenda, per arrivare in orario ad un meeting per cui ci servono importantissime carte smarrite. Tutto questo non fa che aumentare lo stress a cui siamo sottoposti quotidianamente.
Un articolo interessantissimo, in effetti.
Un compito in meno
Pensai che se la sera non avessi più dovuto liberare tavolo e sedie, sicuramente il mio stress sarebbe diminuito: un compito in meno da aggiungere alla cena e alle incombenze serali (al tempo vivevo sola con i bambini ed era tutto sulle mie spalle). Cominciai pertanto dai ripiani della libreria: liberandone un paio avrei potuto appoggiarci le cose che mettevo sul tavolo. Mi informai su dove poter portare i libri che non mi interessava tenere più. Scoprii un intero mondo fatto di associazioni di solidarietà e gruppi Facebook di scambio o regalo tra privati (cercate “Te lo regalo”, “Mercatino”, “Scambio” o “Baratto” su Facebook e troverete un’infinità di gruppi con regole più o meno severe). Così mi liberai facilmente di molti libri e giocattoli: il bello dei gruppi di Facebook è che le persone vengono personalmente a ritirare la merce, mentre il bello delle associazioni è che gli oggetti sono destinati a famiglie o persone in difficoltà.
Scoprii così che un'amica, che non frequentavo dalle elementari, era nel frattempo diventata una Personal Organizer. Quando ci rincontrammo mi spiegò brevemente il “magico potere del riordino” e di come riordinando la casa si riordina la vita e la mente stessa. Una faccenda molto zen a pensarci bene, che ha fatto la fortuna di Marie Kondo, ormai diventata guru dello space clearing.
Mi documentai scoprendo che il metodo Konmari non si adattava alla mia situazione (bisognerebbe vivere da soli per fare efficacemente il declutter come lo imposta nei suoi libri) tuttavia scoprii molti altri metodi per riordinare la mia casa e la mia vita. Impiegai diverse settimane per capire quale metodo si adattasse meglio alla mia situazione e prendendo spunto da diverse teorie che trovavo sul web, sintetizzai una strategia che, a distanza di mesi, funziona ancora benissimo. Come ho detto sopra, infatti, il riordino non è sufficiente: affinché il lavoro sia consistente e duri nel tempo occorre dare un giro di vite al modo in cui le cose “abitano” nella nostra casa.
Io sono partita da un concetto che trovo molto interessante: se siamo circondati di cose belle stiamo bene, ma se non abbiamo l’essenziale che serve alla vita quotidiana, questa diventa odiosa e difficile.
Ho deciso quindi che sarei partita eliminando le cose brutte o inutili. Per ogni oggetto mi sarei fatta queste tre domande:
La mia casa però era piena di oggetti, con quale criterio discriminarli? Da dove cominciare? Nel prossimo post racconterò come ho affrontato la sfida.
Altri post su questo argomento:
2. Definire le zone
3. Le quattro fasi
4. La mia teoria del bello
5. Prima e Dopo
6. Un caso d'uso
7. Lavori in corso
Da anni non mi occupavo più dell’ambiente in cui abitavo, vivendolo come un confortevole alloggio pieno delle cose necessarie allo svago, al lavoro e alla sopravvivenza.
Sottolineo pieno, perché come molti non avevo più nessun controllo sulle cose che possedevo, accumulate da anni insieme a ricordi più o meno belli legati ad oggetti da cui non riuscivo a separarmi.
La mia casa era accogliente, ma caotica. Ogni sera per riuscire ad apparecchiare per la cena, era necessario liberare il tavolo da oggetti di uso quotidiano, bicchieri, scatole, libri, riviste, persino calzini, che non avevano una collocazione precisa e venivano appoggiati su tavoli e sedie. Gli oggetti venivano spostati sulle scale, per poi essere riportati sul tavolo ad evitare che di notte al buio qualcuno potesse inciamparvi. Era un mettere e togliere molto snervante dopo otto ore di lavoro.
Lo stesso accadeva al mattino per la colazione, mentre la sera che precedeva l’arrivo della colf passavo ore a liberare il pavimento da borse, giochi, scatole affinché lei potesse pulire il pavimento che altrimenti restava sporco.
Ero sempre terribilmente affaticata e le serate che avrei potuto dedicare a qualche svago diventavano nottate di riordino del salotto. Non utilizzavo più il PC di casa per non dover spostare le carte dei ragazzi, non cucinavo più piatti complicati per non dover liberare il ripiano della cucina.
In due anni la qualità della vita era peggiorata e tutto a causa del disordine.
Non fraintendetemi, non sono una disgraziata. Nei weekend riordinavo e ripulivo, ma qualcosa non andava come volevo, perché immancabilmente il lunedì sera tutto tornava come prima.
Poi un giorno, in un articolo on line, lessi che le case delle donne depresse sono molto disordinate, ma che a volte si confonde la causa con l’effetto. Il caos genera demotivazione e tristezza, dalla confusione si viene sopraffatti, il disordine ci priva di quegli angoli di relax necessari dopo una giornata di lavoro. Inoltre un ambiente male organizzato ci fa perdere tempo, tanto tempo di cui non ci si rende conto. Per ritrovare una borsa quando dobbiamo uscire, per sistemare i ragazzi prima di andare a scuola, per preparare velocemente una merenda, per arrivare in orario ad un meeting per cui ci servono importantissime carte smarrite. Tutto questo non fa che aumentare lo stress a cui siamo sottoposti quotidianamente.
Un articolo interessantissimo, in effetti.
Un compito in meno
Pensai che se la sera non avessi più dovuto liberare tavolo e sedie, sicuramente il mio stress sarebbe diminuito: un compito in meno da aggiungere alla cena e alle incombenze serali (al tempo vivevo sola con i bambini ed era tutto sulle mie spalle). Cominciai pertanto dai ripiani della libreria: liberandone un paio avrei potuto appoggiarci le cose che mettevo sul tavolo. Mi informai su dove poter portare i libri che non mi interessava tenere più. Scoprii un intero mondo fatto di associazioni di solidarietà e gruppi Facebook di scambio o regalo tra privati (cercate “Te lo regalo”, “Mercatino”, “Scambio” o “Baratto” su Facebook e troverete un’infinità di gruppi con regole più o meno severe). Così mi liberai facilmente di molti libri e giocattoli: il bello dei gruppi di Facebook è che le persone vengono personalmente a ritirare la merce, mentre il bello delle associazioni è che gli oggetti sono destinati a famiglie o persone in difficoltà.
Scoprii così che un'amica, che non frequentavo dalle elementari, era nel frattempo diventata una Personal Organizer. Quando ci rincontrammo mi spiegò brevemente il “magico potere del riordino” e di come riordinando la casa si riordina la vita e la mente stessa. Una faccenda molto zen a pensarci bene, che ha fatto la fortuna di Marie Kondo, ormai diventata guru dello space clearing.
Mi documentai scoprendo che il metodo Konmari non si adattava alla mia situazione (bisognerebbe vivere da soli per fare efficacemente il declutter come lo imposta nei suoi libri) tuttavia scoprii molti altri metodi per riordinare la mia casa e la mia vita. Impiegai diverse settimane per capire quale metodo si adattasse meglio alla mia situazione e prendendo spunto da diverse teorie che trovavo sul web, sintetizzai una strategia che, a distanza di mesi, funziona ancora benissimo. Come ho detto sopra, infatti, il riordino non è sufficiente: affinché il lavoro sia consistente e duri nel tempo occorre dare un giro di vite al modo in cui le cose “abitano” nella nostra casa.
Io sono partita da un concetto che trovo molto interessante: se siamo circondati di cose belle stiamo bene, ma se non abbiamo l’essenziale che serve alla vita quotidiana, questa diventa odiosa e difficile.
Ho deciso quindi che sarei partita eliminando le cose brutte o inutili. Per ogni oggetto mi sarei fatta queste tre domande:
- Mi serve?
- Mi serve davvero o ne ho già altri dello stesso tipo?
- Se non mi serve, è un oggetto che mi fa stare bene?
La mia casa però era piena di oggetti, con quale criterio discriminarli? Da dove cominciare? Nel prossimo post racconterò come ho affrontato la sfida.
Altri post su questo argomento:
2. Definire le zone
3. Le quattro fasi
4. La mia teoria del bello
5. Prima e Dopo
6. Un caso d'uso
7. Lavori in corso
Commenti
Posta un commento